In quest'epoca di specializzazioni necessarie a garantire la massima qualità delle prestazioni professionali, viene talora vista con sospetto la figura dell'uomo eclettico, interessato alla complessità del reale ed alle relazioni impensabili che esistono tra ambiti della conoscenza apparentemente molto diversi tra loro. Eppure, un tempo non era così: gli scienziati del passato, dagli Egizi agli Arabi ai Greci, fino al nostro glorioso rinascimento, erano spesso anche musici, poeti, pittori e scultori.
Oggi, se da una parte la tecnologia sembra aver di gran lunga migliorato e accelerato le prestazioni in ambito scientifico e industriale, dall'altra sembra aver totalmente cancellato nell'uomo il desiderio di continuare ad indagare il grande mistero che sta all'origine della Creazione e della Vita. Continuamente assillato dai palinsesti e dal rispetto delle tabelle di marcia, l'uomo contemporaneo ha smesso quasi definitivamente di confrontarsi con il fascino meraviglioso e terribile dell'Infinito e dell'Eterno.
Per fortuna, però, c'è ancora qualcuno che fa eccezione alla regola, e qui faccio esplicito riferimento al pittore-medico Giancarlo Flati, un uomo di straordinaria umanità che il destino mi ha fatto incontrare per ricordarmi che nell'Arte si possono percorrere strade parallele, ma quando il fine della ricerca è identico, si può facilmente pervenire a risultati molto simili.
Flati chirurgo e pittore, io scrittore e regista. La prima volta che ho visto alcune sue opere, ho subito pensato a David Cronemberg, il chirurgo-regista da sempre attratto dal tema della mutazione e della percezione extrasensoriale; poi, andando ancora più indietro nel tempo, mi è tornata in mente la limpida compostezza delle figure di Beato Angelico e il vigore drammatico con cui il pittore-anatomista Luca Signorelli rivestiva le ossa nude degli uomini da lui affrescati dulla volta del Duomo di Orvieto in una magnifica "Resurrezione della carne".
Quindi, chirurgia che si pone al servizio della visione, e visione che si avvale della chirurgia per sezionare lo sguardo e poi ricomporlo in una unità narrativa densa di significato. Non a caso al cinema, che è arte visiva per eccellenza, si usa spesso la parola "taglio", sia per indicare il punto di vista nella ripresa, sia per riferirsi più squisitamente alla delicata "operazione" del montaggio.
Una volta, durante una delle nostre piacevoli conversazioni, Flati mi ha fatto riflettere sull'importanza del corpo come strumento indispensabile per provare sentimenti ed emozioni, e, a quanto pare, senza di esso, non saremmo nemmeno in grado di concepire una vaga idea di spiritualità. E non è altrettanto incredibille che da un preciso taglio di una parte del corpo possa perfino dipendere la salvezza di una vita umana?
poiché, di recente, ho beneficiato anch'io delle benefiche virtù terapeutiche della scienza medica di Giancarlo Flati, ora sono altrettanto lieto di testimoniare il grande valore della sua attività pittorica, e mi auguro che anche gli altri spettatori che si imbatteranno nei suoi quadri possano percepire con i loro sensi e con la loro anima tutta la portata di questi universi micro (o macro) cosmici dipinti sulla tela.
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Roberto Russo / 2006
Tratto da "Giancarlo Flati" - Collana Esmeralda Vol IV, Zanotto Ed., 2006