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Giuseppe Benelli / 2008

Nota critica del Prof G. Benelli sulla mostra di pittura di Giancarlo Flati "Intersezioni del Tempo", presso il Museo Nazionale del Palazzo di Venezia

Dall'Ottocento l'arte è destinata ad essere all'avanguardia. Il termine "avanguardia" è rivoluzionario. L'arte d'avanguardia mette in discussione e "ridefinisce in toto" le basi stesse sulle quali posa il "sistema arte". Muta la superficie dell'oggetto estetico adottando tecniche, materiali, costrutti sintattici diversi da quelli del passato. "Avanguardia" è un termine militare, riferito all'arte da Charles Baudelaire, che con questo termine voleva indicare con ironia gli scrittori francesi di sinistra. Il termine, ancora oggi, si riferisce a tutti i movimenti di opposizione e di sperimentazione di forme nuove sia nell'ambito letterario quanto in quello pittorico, musicale e artistico in genere.

In Italia il termine "avanguardia" l'ha portato Filippo Tommaso Martinetti e da allora, per tutto il Novecento il termine è stato utilizzato per indicare una certa ricerca artistica. Il manifesto di questo movimento consiste nella provocatoria distruzione delle tradizionali forme estetiche intese, come teorizzava Hegel, nella "morte dell'arte". Nel rifiutare l'arte borghese era infatti palese il rifiuto della società borghese e quindi una tendenza delle avanguardie verso i movimenti di rottura.

La mostra di Giancarlo Flati è all'interno di questa rottura. E' una provocazione che nasce dalla sua visione del mondo e si lega alla poesia di Mario Luzi. Il poeta fiorentino dopo l'esperienza ermetica, coglie il senso più profondo dell'esperienza della poesia, quando dice che la poesia non dà risposte, non può dare risposte. La poesia interroga ed è in questo interrogativo il suo senso. Tutte le volte che l'uomo del Novecento pretende di dare una risposta alla domanda si nega come uomo. Tutte le volte che l'uomo crede di aver trovato risposte esaustive, perde la propria identità.

In questo interrogativo poetante di Luzi si nasconde, a mio parere, la chiave interpretativa della mostra e della pittura di Flati. "Intersezioni del tempo" è una tautologia, il termine tempo deriva da temno, "taglio", "tagliato". "Intersezioni del tempo" è il tentativo di tagliare ulteriormente il tempo, di vedere se all'interno del tempo si possono creare delle sezioni. Cercare in qualche modo di fissare in 22 tele una dimensione temporale.

Tutte le volte che noi parliamo del tempo, diamo per scontato cosa sia, perché il tempo esteriore è il tempo dell'orologio, è il tempo delle stagioni. Ma il tempo interiore è un qualcosa che non si può definire. In un incontro noioso il tempo non passa mai. In un incontro piacevole il tempo vola. Il tempo che non scorre non lascia ricordo; il tempo che trascorre veloce emoziona e si fa memoria. Solo il tempo intensamente vissuto parla al nostro cuore e suscita i ricordi (cor-cordis).

"Intersezioni del tempo", quindi, è il tentativo di cogliere il senso particolare di una dimensione, che è poi la dimensione importante dell'esistenza, che questa pittura coglie in una dimensione cosmica. Nei quadri di Flati si respira veramente l'esigenza cosmica che nasce dal Caos, che non è confusione, ma è la sospensione, lo stupore, il senso primordiale dell'essere. Pittura ontologica fatta di colori e forme archetipi, in equilibri incerti e sempre rinnovanti in circolarità spaziali.

Guardando per la prima volta queste opere, mi sono detto che sono irriproducibili, proprio per lo spessore che emerge dalla tela, per il tipo di ricerca artistica che ne fa un qualche cosa di particolare. Ma è la cristallizzazione del tempo che diventa il fascino incredibile di questa ricerca, dove lo studio del "micro" consente di cogliere il "macro". Come il racconto di Voltaire Micromegas è una provocazione per dimostrare che l'uomo, riducendosi a piccolo o facendosi grande, perde le dimensioni dello spazio e del tempo, così anche in questa pittura il "micro", il particolare di una realtà che nasce all'interno di una ricerca scientifica, diventa emblematico di una dimensione "macro".

Che cos'è il "macro" che emerge? E' il senso della vita. Anche all'interno di queste linee così variegate e di questi colori, che sembrano impazzire, c'è quell'armonia, quella conduzione al Monos che diventa importante. Questa apertura alla vita nasce da quella emozione che suscita in noi il quadro, che rappresenta una circolarità importante. Si fa un complimento al pittore quando si dice che non assomiglia a nessuno, quando ha una sua identità. Un pittore è tale se ha un suo timbro. Questa esposizione di Flati è una ricerca che ha una sua autenticità e di questo mi complimento e lo ringrazio.

17 Settembre 2008

Prof. Giuseppe Benelli

Presidente Premio Bancarella