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Duccio Trombadori / 2006

Brani tratti da "Giancarlo Flati, Sequenze dell'invisibile, Spiare la vita e i suoi segreti" - Ed. Animobono, 2006

L'occhio umano talvolta non crede a quello che vede. Capita soprattutto quando la verità si mostra con la sublime evidenza di ciò che è oggettivo e pure non è apparentemente accertabile. Il fatto è che normalmente gli strati profondi dell'essere non sono "a portata d'occhio". Per vederli occorre superare gli ingannevoli stati della percezione ed aprire la prospettiva a nuovi campi visuali e nuove forme di conoscenza. A questa filosofica e quasi super-umana intenzione espressiva vuole rispondere la penetrante pittura di Giancarlo Flati. Egli tenta di comunicare l'indicibile mediante una elaborata e preziosa interferenza di arte e conoscenza scientifica. Barbagli, striature luminose, corpuscoli ameboidi e riflessi di strani movimenti nello spazio, stimolano la percezione di un dettaglio infinitamente piccolo che sfugge al controllo dello sguardo immediato, come la sintesi altamente definita di un disordine soltanto apparente. E tanto più sorprende il carattere spettacolare del microscopico sondaggio sceneggiato da Flati: egli sedimenta inusitate immagini dipinte sottraendo la corrente primigenia della vita al flusso delle sue incontrollabili variazioni. (...). Così la congerie degli elementi originari (cellule, atomi, neuroni) si presenta come il profilo di un paesaggio biogenetico non soggetto alle leggi ordinarie della gravità poiché collocato al di là dello spazio e del tempo in una dimensione originaria e germinale. Ciò che l'occhio normalmente non vede (l'infinitamente piccolo) la ragione invece prevede. E il "concepire" prende quasi il posto del "vedere" suscitando l'affiorare di immagini gravide di corrispondenze biologiche tra forme, colori, effervescenze della luce e della energia.
Non a caso Flati intende rappresentare esteticamente le "sequenze dell'invisibile" fissando un caleidoscopio di situazioni inafferrabili in cui il ciclo vitale si esprime nelle sue distinte polarità,(...) Quasi sfuggendo ai sensi più elementari, Flati si affida alle cronometrie della mente per rilevare soltanto in apparenza una teoria di figurazioni astratte: egli misura invece il possibile avvicinamento alla rappresentazione delle "cause prime" o degli strabilianti effetti genetici che sono la radice di ogni evento naturale. Non potremmo percepire diversamente la stesura della materia pittorica lievitante su due dimensioni con arricciature e profondità spaziali tramite colate di colore sovrapposte secondo una gestualità programmata e consapevole fino a rappresentare i "figli di neuroni" come fossero "angeli", cioè agenti della informazione sull'intimo segreto della vita.
(...) E questa "epifanìa dell'invisibile" conduce per mano l'osservatore attraverso una esperienza che per essere visiva si trasforma principalmente in avventura intellettuale. Informare significa "dare forma". E la vera finalità di una pittura è sempre quella di manifestare agli occhi la configurazione di una "struttura". Nel descrivere la forza cosmica nella sua granulosità molecolare, nell'intreccio di materia incandescente e di costellazioni cellulari, Flati racconta una storia eterna e per ciò originaria che affascina e attrae per la sorprendente mimica visiva da cui prende le mosse. Intuizione e rappresentazione fanno tutt'uno con il pensiero visivo del pittore che non intende chiudere la sua espressività in puro virtuosismo estetico. Qui la passione conoscitiva si raccomanda alle virtù sensoriali del linguaggio pittorico per aprire nuove possibilità di indagine in un giuoco di artifizi che intende gareggiare con l'incommensurabile segreto dell'esistenza. Il caleidoscopio ben modulato di forme che ne deriva produce un dramma visivo non esauribile nell'impaginato di un singolo quadro. Impegnato con tutto il suo essere nel commisurare l'arte alle miracolose leggi della natura (dal tema strutturale dei cristalli, al sistema solare, fino all'ordine-limite delle particelle elementari) Giancarlo Flati verifica e precisa il suo stile in una tensione figurativa che si concepisce come "opera senza fine". Tanto quanto la ordinata complessità del cosmo ("Dio fa il massimo di cose che può") l'esigenza di pienezza dell'intenzione artistica inclina in questo caso verso la economia psicofisica di una "imitatio Dei" capace di descrivere il mondo così com'è senza bloccarne al tempo stesso la esuberante corrente generativa. In questo vortice di figurazioni a tratti folgorante Giancarlo Flati innesca così una corrente di viva empatia estetica con le "sorgenti oscure" che ospitano "l'anima del mondo" e attinge alla sorgente di un immaginario tanto più originale e variamente modulato.