Tu sei qui

Duccio Trombadori / 2017

DECIFRARE L’INVISIBILE

L’arte di Giancarlo Flati non finisce di sorprendere. E’ un pittore dal mestiere eccellente, che ha ottenuto risultati altamente originali lungo una linea di consapevole condotta espressiva. La sua perizia tecnica si è formata nel fuoco di una ricerca che lo ha immesso nel mondo affascinante e in parte misterioso della indagine scientifica. Da prezioso conoscitore della natura umana e delle sue radici elementari, egli ha scelto di consegnarsi alla pittura non solo come trascrizione del vero nei punti interstiziali della sua impronta genetica: ma soprattutto come proiezione visibile dell’invisibile, o come schermo del flusso vitale impresso nella retina da una ragione calcolante fino al quanto infinito  di spazio e tempo universale.

La pittura di Flati, che ho avuto occasione di iniziare a seguire da una decina di anni, ha molto di fascinoso e in un certo senso di eccezionale: il viluppo di filamenti molecolari di cui si fa interprete trascina l’osservatore verso spazi indefiniti, micro e macroscopisci, di un cosmo che appare frutto della fantasia così come anche la esposizione decifrante di una struttura biologica.

Geometrie complesse, biomorfismi, ed altre chimiche della visibilità accompagnano la mano di Giancarlo Flati in questa impresa della espressione situata ai margini dell’arte e della scienza, quasi preliminare agli esiti figurativi o verbali del linguaggio.

L’espressività dell’artista cerca di non sovrapporre l’ estro narrativo della consapevolezza estetica e morale al magma di una vitalità che si vorrebbe quasi fare emergere dai vincoli della materia come suo intimo nucleo formativo.  Una simile procedura artistica, già scrivevo qualche anno fa, si risolve “in una serie di illustrazioni metodicamente realizzate secondo la regola del ‘disordine ordinato’ che fissa una sorta di equilibrio tra forze genetiche antagoniste nell’imitare la condizione fisica dei sistemi organici e inorganici”: e al cospetto di quanto Flati è andato elaborando nel tempo, penso di aver visto giusto riguardo a  un ciclo di esperienza estetica assolutamente originale nel panorama stinto e modaiolo del gusto contemporaneo.

Giancarlo Flati vive l’arte come un imperativo morale. Al tempo stesso riscopre le virtù taumaturgiche dell’ indagine sperimentale ed estetica codificata dalla scienza della vita. Accade così che egli oppone uno sguardo filosofico e rabdomantico sui ritmi della natura allo scopo di farli ‘parlare’ per mezzo di una figurazione che riesce ad imporsi a prima vista: ‘spiare la vita  e i suoi segreti’ non è affare da poco, se questa endoscopia dell’infinitamente piccolo può diventare parafrasi del primigenio, del cosmico e dell’ incontro sintetico di spazio e tempo.

Tutte le ‘visioni’ realizzate da Flati inducono ad una spettacolarità variopinta sottratta alle più facili e illusorie fascinazioni: il senso e il sentimento la fanno da padroni e pure appaiono intrisi di lucido raziocinio con teoremi figurativi che invitano ad una filosofica meditazione. Nasce da queste premesse una produzione artistica ‘di frontiera’ che impone all’autore di mettere da parte l’io in nome di una di una prolessi figurativa o autopoiesi della materia vitale.

Sono le relazioni che tengono insieme arte, religione e scienza ad entrare nel gioco rappresentativo di Giancarlo Flati e a suscitare una pensosa e partecipante reazione estetica. In ciò consiste l’indubbia originalità di un’opera che si distingue non solo per la sua maniera di vedere ma anche per lo straordinario spettacolo che invita gli osservatori ad attraversare, con la medesima intensità intellettuale e sentimentale, l’esperienza percettiva della ‘materia in movimento’.